L’Italia, secondo una recente indagine condotta dall’Istat sui livelli di istruzione relativamente al 2020, fatica ancora a tenere il passo di altre nazioni europee. Nel nostro Paese il fenomeno vede ancora una scarsa partecipazione al sistema scolastico, soprattutto per il numero elevato di stranieri presenti sul territorio e per le basse condizioni socio economiche di molte realtà che purtroppo influenzano negativamente la vita di tanti giovani studenti. Secondo l’indagine condotta è possibile notare che solo il 20,1% della popolazione italiana, di età compresa tra i 25 e 64 anni, possiede una laurea contro il 32,8% nei paesi dell’Unione Europea. Si tratta di un dato ancora preoccupante perché la crescita registrata, ossia uno +0,5 punti, in realtà – sulla base degli obiettivi imposti nell’Agenda 2030 – è troppo lenta rispetto al trend di altri paesi dove si registra tendenzialmente una media pari a un +1,2 punti. Più nel dettaglio, in Francia abbiamo un +1,7 punti, in Spagna un +1,1 e in Germania un +1,4.
Alla luce di questo primo quadro sembrerebbe che i livelli di istruzione in Italia siano decisamente inferiori. Tuttavia, l’indagine evidenzia un altro dato rilevante che riguarda il gap di genere nell’ambito dell’istruzione. Sembrerebbe, infatti, che in Italia siano le donne a possedere una percentuale maggiore tra gli studenti che hanno conseguito un titolo di laurea, parliamo di circa il 23,0% contro il 17,2% degli uomini. Analizzando il fenomeno nel dettaglio è possibile notare che questo restringimento del gap di genere tende, invece, ad espandersi con riguardo alle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Qui è possibile notare come il gap si allarghi sempre di più. Infatti, ad oggi le donne che conseguono una laurea tra le discipline STEM sono meno della metà rispetto alla percentuale maschile e più precisamente abbiamo un 36,8% contro un 17,0% che rappresenta la presenza delle donne. In sostanza, per i ragazzi abbiamo un laureato su tre, per le ragazze una laureata su sei. La bassa percentuale di istruzione e il fenomeno dell’abbandono degli studi, spesso, sono la conseguenza di una difficoltà organizzativa da parte di molti studenti lavoratori i quali, a volte, decidono di abbandonare il percorso di studi intrapreso.
Per questo spesso decidono di immatricolarsi presso una facoltà che si avvale della modalità didattica e-learning. Ma come funziona l’università a distanza? Si tratta di atenei, riconosciuti legalmente dal MIUR, che prevedono un’offerta formativa strutturata su corsi a distanza accessibili sulla piattaforma dell’Università, 24 ore su 24. Inoltre, alcune di queste facoltà prevedono anche la presenza costante di tutor o della figura del mentore che accompagnano lo studente dalla fase di immatricolazione fino al conseguimento del titolo fungendo sia da supporto didattico che morale, ove si incontrino difficoltà. L’obiettivo è quello di garantire che lo studente possa giungere al termine del suo percorso di studi senza troppe difficoltà, magari anche ottimizzando il tempo se impegnato in lavori part time. Un esempio, in tal senso, è dato dall’Università Telematica Niccolò Cusano, con sede a Roma, una delle realtà più grandi e strutturate.
In conclusione, la percentuale italiana di laureati è talmente bassa da porla al penultimo posto in Europa. Questo fa emergere una situazione preoccupante, e i dati parlano chiaro: l’istruzione non sembra essere una scelta prioritaria per molti. Un dato che suona come un campanello d’allarme che non risparmia nessuno sul territorio nazionale, dal Nord al Sud. Una “piaga” che però sembra trovare una soluzione grazie alla previsione di raggiungere un livello del 45% entro il 2030. E se in Italia c’è da preoccuparsi, le cose vanno diversamente nel resto d’Europa dove troviamo dati decisamente positivi. Così ad esempio il Lussemburgo registra un 61% ponendosi in testa alla classifica, a cui segue Irlanda e Cipro (entrambi 58%), Lituania (56%) e Paesi Bassi (52%).